Mario Draghi alla presidenza della Repubblica potrebbe garantire il percorso delle riforme previste dal Recovery plan. Ma la sua salita al Colle potrebbe scatenare una “turbolenza“. Al tempo stesso, se non venisse eletto il suo ruolo di premier verrebbe indebolito. Nel giorno del primo voto per scegliere il prossimo inquilino del Quirinale, il Financial Times ribadisce l’endorsement della settimana scorsa ma delinea uno scenario da stallo alla messicana. In cui l’Italia perde comunque. La lunga analisi, intitolata Il dilemma Draghi, spiega infatti che “un’elezione presidenziale divisiva che dovesse causare una crisi politica preoccuperebbe Bruxelles e i mercati finanziari“. Perché “al Quirinale, Draghi potrebbe usare i suoi poteri e la sua autorevolezza per assicurarsi che i governi futuri mantengano le riforme sui binari giusti”, ma al tempo stesso l’arrivo al Colle dell’attuale premier “comporta rischi concreti per quanto riguarda l’ipotesi che il governo di unità nazionale – che ha riunito partiti di destra e di sinistra – possa crollare sulla questione di un suo successore per guidare l’esecutivo e portare avanti le riforme fino alle prossime elezioni politiche, in programma per 2023“.

Questo, a sua volta, “minaccia di spingere l’Italia alle elezioni anticipate, minando le prospettive di Roma di raggiungere gli obiettivi di riforma programmati dal cui raggiungimento dipende il continuo flusso di fondi per la ripresa dell’Ue”. E se allora “la coalizione di governo dovesse decidere di non eleggerlo alla Presidenza della Repubblica”? In quel caso “il ruolo di Draghi ne uscirebbe scalfito“. Più che altro, insomma, sembra che per il giornale della City non ci sia alternativa, nonostante il salto rappresenti un azzardo per il Paese. “La reputazione internazionale di Draghi, il primato nel servizio pubblico e l’impegno per il ruolo dell’Italia nell’Ue lo rendono un candidato ovvio per un mandato di sette anni come capo di Stato, un ruolo che non è solo cerimoniale ma ha poteri reali, soprattutto in tempi di crisi e profonde divisioni politiche interne”, annota il Ft. “Dal Quirinale, il sontuoso palazzo presidenziale che un tempo era la dimora di papi e re d’Italia, Draghi potrebbe usare il suo potere per sovrintendere al governo e la sua autorità morale per garantire che le future amministrazioni mantenessero in linea le riforme e per frenare gli impulsi politici populisti“. Qualcosa di simile al semipresidenzialismo di fatto evocato l’anno scorso da Giancarlo Giorgetti.

Molto simile il quadro evocato da Bloomberg Businessweek, secondo cui “Draghi potrebbe star ritenendo che il modo migliore per preservare in futuro i risultati della sua azione di governo sia diventare presidente della Repubblica, un ruolo che dura sette anni”. Del resto “i presidenti italiani hanno molti più poteri di quello che sembra” anche perché “nessuno può essere premier senza il loro consenso”. Ma allo stesso tempo ”tutto questo slancio” ottenuto grazie a Draghi “potrebbe rapidamente dissiparsi se gli succedesse un primo ministro meno efficace che non ha il potere dell’ex capo della Banca centrale europea in patria e all’estero. Ciò potrebbe mettere a repentaglio l’accesso del Paese a oltre 200 miliardi di euro (227 miliardi di dollari) in sovvenzioni e prestiti disponibili dal fondo di recupero della pandemia dell’Unione europea, grazie a un accordo negoziato da Draghi” (anche se la chiusura dell’intesa in Ue risale al 2020, governo Conte). Per questo “gli investitori sono diffidenti da quando Draghi ha fatto sapere che non avrebbe rifiutato la presidenza se gli fosse stata offerta”.

Intanto “lo spread tra Bund e BTP per ora non si è mosso molto, probabilmente perché i mercati si aspettano che Draghi non lascerà la scena politica”. Per Bloomberg il Paese ”sembra essere bloccato in un ciclo che ha visto quasi 70 governi alternarsi in altrettanti anni. La trama familiare recita così: il paese è attanagliato da una crisi, un tecnocrate riformista viene arruolato per somministrare una medicina amara, i politici si ribellano e si riprendono il potere, e poi tutto ricomincia”.

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