Fridays for Future

Elezioni & clima, la politica è incapace di guardare oltre

Verso le elezioni - Un voto senza partecipazione e rappresentanza è il fallimento della democrazia. Parlano gli attivisti per il clima: “Arriviamo in cabina elettorale come davanti a una vetrina da cui scegliere il prodotto che più ci convince, già confezionato."

Di Elisa Lista, Ester Barel, Alice Quattrocchi, Emanuele Genovese
22 Agosto 2022

La chiamata alle urne del 25 settembre è stata, per il nostro movimento per il clima, un ordine del giorno inaspettato, che ci ha posto di fronte a un interrogativo: quale deve essere il ruolo di Fridays For Future in un momento determinante come questo, in cui le scelte politiche sul clima saranno quelle decisive? A chi ci propone di istituzionalizzare il movimento, rispondiamo che in questo momento sono le logiche di partito a doversi riavvicinare alla società civile, non i corpi intermedi a doversi irrigidire nelle strutture istituzionali. La classe politica attuale si dimostra incapace di guardare oltre lo status quo e non riesce a ragionare su un nuovo paradigma economico che sappia soddisfare contemporaneamente la giustizia climatica e la giustizia sociale, nemmeno quando ci sono scienza e persone a evidenziare la necessità di un cambiamento. In questo senso risalta l’insufficienza del voto come momento di confronto. Come già riassumevamo: “Arriviamo in cabina elettorale come davanti a una vetrina da cui scegliere il prodotto che più ci convince, già confezionato. La politica dei partiti ha attirato su di sé tutta la scena, e anche la facoltà di scegliere cosa è meglio per il paese, ma è lontana dalle istanze e dalle preoccupazioni delle persone che sostiene di rappresentare.” Se la pandemia aveva continuato ad aggravare le disuguaglianze, la crisi energetica sta esasperando il problema: la spinta inflazionistica guidata dall’aumento dei prezzi nel settore dell’energia è legata anche alle multinazionali dell’energia, in un mondo in cui i colli di bottiglia dell’offerta dovuti alla pandemia e alla guerra si combinano fatalmente con la speculazione. Gli extraprofitti di poche aziende energetiche sono stati tutti a carico dei consumatori e delle famiglie e stellari tanto da non poter essere ignorati nemmeno da un governo come quello di Draghi, pienamente integrato nelle dinamiche che lo precedevano. La minaccia di tassarne una parte non ha mai avuto seguito, a mostrare come i partiti abbiano reso l’emergenza la normalità, scegliendo di non mettere in discussione le dinamiche che hanno portato all’attuale crisi climatica e alla difficoltà per molte famiglie di arrivare a fine mese. Una società civile viva e rappresentata è un fondamentale elemento di democrazia, necessario a controbilanciare le spinte e le pressioni di attori di questo tipo. Per questo serve smettere di ignorare quei nuovi corpi intermedi che si costituiscono informalmente intorno a questioni centrali connesse a tutte le altre (e quale, più di quella climatica?), ma anzi è necessario rafforzarli in modo che affianchino le vecchie e spossate istituzioni. In ciò risiedono il significato e la necessità di continuare a esistere come movimento. Per questo motivo lanceremo alcune proposte chiave basate sull’idea di restituire il potere decisionale alle persone. Oggi il nodo centrale non è parlare di clima, ma quanto e come se ne parla: gli aspetti sociali sono sempre affrontati marginalmente e la campagna elettorale non fa eccezione; affinché questa sia la transizione di tutti e tutte, abbiamo bisogno di nuovi strumenti e di garanzie per l’accesso ai servizi basilari. Alcuni esempi di proposte:
– Un trasporto pubblico gratuito (o quasi), capillare ed efficiente, che non solo favorirebbe la riduzione delle emissioni derivanti dagli spostamenti privati, ma garantirebbe il diritto alla mobilità alle fasce meno abbienti;
– La costruzione di comunità energetiche per produrre energia pulita dal basso, ridurre il costo delle bollette e contribuire all’indipendenza energetica del nostro Paese;
– Riprendendo quanto sopra, un tetto ai prezzi dell’energia e una tassa del 100% sugli extra-profitti delle grandi aziende inquinanti da usare per sostenere le famiglie.
Questa è solo una parte delle nostre proposte, che vanno dall’isolamento termico e aumento delle case popolari, alla riduzione dell’orario di lavoro fondamentale per liberare
tempo di vita, tempo di partecipazione.
Ribadiamo: “Dal momento che la crisi climatica trova le sue soluzioni nella diversità dei contesti geografici e sociali, dobbiamo rivolgere lo sguardo verso quella grande fetta della popolazione che ricerca con fatica il suo diritto alla partecipazione attiva ogni giorno, restituire il potere decisionale alle comunità territoriali e alle persone, con attenzione a chi è più in difficoltà.”
Il nostro compito può essere, allora, quello di creare un nuovo senso comune, che ponga le basi per un cambiamento politico e che veda nella transizione ecologica un’enorme opportunità per costruire una società più giusta e migliore. La vera “rivoluzione” sta nel riuscire a farlo nel poco tempo che abbiamo a disposizione per evitare le peggiori conseguenze della crisi climatica, che stanno già colpendo molte popolazioni.

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