Palermo

Covo di Riina, la nuova versione di De Donno: “Spiato per settimane”

Nel 2013 - Il giallo della mancata perquisizione di via Bernini. Il colonnello all’Università di Chieti svela un particolare inedito sull’arresto del boss. Ma la sua tesi è in contrasto con quanto sostenuto finora dai carabinieri e da Mori

28 Febbraio 2023

C’è una novità interessante sulla cattura di Totò Riina avvenuta il 15 gennaio 1993 e sulla mancata perquisizione del covo di via Bernini 54 a Palermo, sulla quale c’è stato anche un processo per favoreggiamento contro i carabinieri del Ros, Sergio De Caprio, alias Ultimo, e Mario Mori, allora vicecomandante del Ros. Entrambi sono stati assolti nel 2005. Eppure un video inedito del colonnello Giuseppe De Donno, braccio destro di Mori, che non è stato mai nemmeno indagato, svela un particolare inedito fondamentale. De Donno, in pubblico, all’università di Chieti nel maggio 2013, offre una versione contrastante con quella resa nei processi da Mori. Il video ha quindi 10 anni ma è stato svelato e contestualizzato da Massimo Giletti durante la trasmissione di domenica 26 febbraio alla quale ha partecipato anche Antonio Ingroia, pm dell’inchiesta Trattativa e del processo per la mancata perquisizione del covo, secondo il quale: “Si tratta di una novità assoluta che meriterebbe un approfondimento investigativo nelle sedi opportune”.

Il colonnello De Donno, assolto in appello per la Trattativa Stato-mafia, sostiene nel 2013 alla presenza di Mori che il covo di Riina è stato video-sorvegliato per settimane prima dell’arresto del boss. Finora i carabinieri invece avevano sempre detto che la videosorveglianza del cancello dal quale poi il 15 gennaio 1993 uscì Riina sulla Citroen guidata dal fido Salvatore Biondino iniziò all’alba del 14 e finì nel tardo pomeriggio del 15 stesso, senza che i pm fossero informati della fine del monitoraggio. Il Fatto ha contattato Giuseppe De Donno per avere da lui una spiegazione delle parole inedite dette a Chieti nel 2013. Invano.

Ovviamente si può pensare anche a un errore di memoria. Certo, errore clamoroso anche perché Mori era lì a Chieti accanto a De Donno e resta zitto. Comunque sarebbe importante un accertamento nelle sedi opportune come suggerisce Ingroia. Se non davanti ai pm, essendo passato troppo tempo per aprire un fascicolo dopo 30 anni, per lo meno potrebbe occuparsene la Commissione Parlamentare Antimafia quando mai sarà costituita. In quella sede sarebbe interessante risentire sul punto la versione di De Donno, Mori e De Caprio e anche quella di un carabiniere molto meno noto che non a caso aveva come nome di battaglia ‘Ombra’. Era lui l’uomo della squadra di Ultimo che stava nascosto dentro il furgone a Palermo nel 1993 a fare le videoriprese. Si chiama Giuseppe Coldesina. Nel 2005 al processo contro Mori e De Caprio raccontò le riprese del 14 gennaio 1993 quando Ninetta Bagarella e il suo autista uscirono dal cancello e quelle del giorno dopo del marito Totò Riina con il fedele Biondino. Sarebbe importante risentirlo. Soprattutto sulle sue attività dal 15 novembre 1992 al 14 gennaio 1993. Al processo contro Mori testimoniò che era sceso a Palermo dal nord per la caccia a Riina. Prima aveva video-ripreso per settimane fino al 15 novembre 1992 il cantiere di un palazzo dei fratelli Ganci, boss della Noce, legati a Riina, vicino a piazza Camporeale. Poi ha raccontato che le riprese sul palazzo finirono e lui si occupò di altro pur restando a Palermo. Infine ha detto che le videoriprese a via Bernini iniziarono (contrariamente a quanto affermato da De Donno a Chieti nel 2013) solo il 14 gennaio 1993. Il pm Michele Prestipino non fece molte domande a Ombra su cosa avesse fatto nel periodo mancante all’appello, cioé metà novembre-metà gennaio. Al processo del 2005 non era un tema centrale. Non c’era stata ancora la sparata del 2013 del colonnello De Donno sul Ros che aveva videoripreso per settimane il cancello di via Bernini. Non c’era ancora un video nel quale si vede Mario Mori con la testa bassa in silenzio che non corregge De Donno. In fondo Mori avrebbe potuto tranquillamente dire a Chieti: “Colonnello ma che stai dicendo? Già siamo imputati per la Trattativa (poi saranno condannati in primo grado e infine assolti in appello) e tu ti metti a dire balle in pubblico sulla videosorveglianza per settimane al covo di Riina, in contrasto con quello che io ho sempre detto?”. Mori invece non dice nulla del genere nel video mostrato da Giletti in tv. Qualcuno dovrebbe chiedergli perché.

Anche perché la domanda che scatena la risposta ‘scoop’ di De Donno del 2013 era rivolta proprio a lui. Nel video si vede un signore che chiede a Mori perché fosse così sicuro che non c’era nulla nel covo non perquisito. A quel punto De Donno, ruba la parola al suo ex capo e risponde al posto suo premettendo “io c’ero”. Poi, dopo essersi preso la scena spara che la villa di via Bernini “non era il luogo dove abitava Totò Riina, quello era il luogo dove abitava la famiglia”. E “perché possiamo affermare che quello non era il luogo dove viveva Riina?” si chiede De Donno retoricamente. Già perché? “Perché noi – spiega De Donno – quell’edificio di via Bernini lo abbiamo filmato per una serie di settimane precedenti (…) c’era questa macchina che usciva ma non avevamo identificato Ninetta Bagarella di cui non avevamo neanche una fotografia. Per cui noi non abbiamo mai filmato una macchina con a bordo personaggi che poi risultarono Riina e Biondino che andava a prendere Riina (…) per cui Riina si recava lì solo saltuariamente”.

Boom. In tutti i processi e in tutte le interviste i carabinieri hanno sempre sostenuto che l’osservazione del comprensorio di via Bernini 54 inizia la mattina del 14 gennaio e finisce la sera del 15.

La frase di De Donno del 2013 è più inquietante se la si correla, come ha fatto Massimo Giletti, a una seconda frase del 1993 a lui attribuita dal Corriere della Sera. Il carabiniere avrebbe confidato al giornalista Felice Cavallaro dopo l’arresto di Riina che “qualcuno per la vergogna sarebbe dovuto andare via da Palermo”. Quella frase secondo Cavallaro, anche lui presente alla trasmissione di domenica sera, sarebbe stata pronunciata da De Donno mentre parlava con i giornalisti a margine della conferenza stampa dopo l’arresto di Riina.

I giornalisti presenti a quel colloquio ebbero la sensazione che de Donno si riferisse proprio alle indagini su Riina. Forse nei video erano rimaste impresse personalità che entravano e uscivano da via Bernini? Al processo contro Mori sulla questione della mancata perquisizione del covo nel 2005 De Donno spiegò che i giornalisti avevano capito male. “Questa frase fu attribuita a un discorso collegato alle indagini per la cattura di Riina. Le cose non stavano così: io non ero a conoscenza di alcun particolare dell’indagine. Io non ricordo di aver detto questa frase (…) ma il dato fondamentale è che non stavamo parlando dell’arresto di Riina”. La sentenza di assoluzione nei confronti di Mori e De Caprio prese per buona questa tesi. Ora la nuova versione del 2013 di De Donno a Chieti sembra fatta apposta per rinfocolare i dubbi di allora.

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